La Diva bambina è qui davanti, abito a pois per un petit dejéuner coi
giornalisti in una Festa del Cinema che l'ha sempre riconosciuta
regina: Monica Bellucci esce - ritualmente - alla luce quando esce un
film e qui a Roma presenta Ville-Marie del giovane regista canadese Guy
Edoin. Sa che tra una settimana, sempre a Roma e nel mondo, il fascio di
luce sarà accecante: Spectre e la sua Lucia al fianco di Bond, il più
planetario dei palcoscenici.
«Qui invece interpreto un'attrice, essere attrice nella vita reale però non mi scherma. Anzi. Io sono una che vive più che può all'ombra del glamour, mi ricarico al buio e rifletto su una vita fortunata». La prima fortuna è stata la sua bellezza, diversa da quella dei vent'anni. «La bellezza non stanca, un giorno sai che la rimpiangerai».
La bellezza però non ti dà fierezza: è un regalo per il quale devi solo dire grazie. E io lo faccio. Vede - dice - l'età serve. Col tempo si scopre l'anima e la bellezza delle vecchie donne come mia nonna. O quella delle donne che scendevano in piazza per i nostri diritti, sempre calpestati: quelle che lottavano in piazza coi pugni alzati. Ora la guerra dei sessi non serve più: vedo maschi terrorizzati nel mondo. E donne terribili». In Ville-Marie vive il dolore di un difficile rapporto con un figlio maschio: «Ho due figlie, chiedevo alle mie amiche che mi hanno detto: nessun uomo può farti soffrire come un figlio maschio. Sono madre, ci credo». Non capisci mai, fino in fondo, quanto giochi: rivelatrice la frase con cui chiuderà l'incontro coi giornalisti (e noi questo racconto), prima del cambio d'abito per il red carpet più atteso da Monda e dal mondo. «Io l'unica diva? Non so definirmi così. Cerco e scopro cose per il mondo che mai avrei immaginato mi toccassero in sorte 30 anni fa, quando neanche speravo di sfilare a Parigi. Mi dici - spiega ad una giornalista - che sono un sex symbol… Tesoro mio (quanto è umbro il modo in cui lo dice, mamma mia… Ndr), se lo dici tu…». Tra qualche giorno passerà oltre questo personaggio di madre in una storia canadese di sensi di colpa e sarà - finalmente e totalmente glamour - la prima vera Lady Bond. «I sensi di colpa, già: ci uccidono, ma ci fanno belli. Ho il terrore di chi non li prova: sono uomini e donne pericolosi quelli che vivono senza». Ora che a 51 anni («dico alle mie figlie che è la mezza età per non spaventarle sulla morte, l'unica cosa alla quale oggi non mi sento pronta») è finalmente una donna di Bond: potrebbe rivelare se c'è stato il favoloso "no" 30 anni fa. «Beh, se mi volevano, io non l'ho saputo. Certo sarebbe stato ovvio essere allora una Bond girl. Infatti in Spectre sono una lady, una vedova misteriosa». Sfugge alle definizioni, non a tutte però. Eccola l'icona della Festa e del Cinema: «Recitare nelle altre lingue, ora il serbo per Kusturica mi imbarazza e crea problemi: mi sento a mio agio con l'italiano. Se proprio devo definirmi, la prima cosa che mi viene in mente è: Monica Bellucci italiana, italianissima anzi».
Nel gioco della polemica gender non cade, piuttosto rivendica: «Curioso che mi si chieda, seguendo la polemica americana se il cinema è sessista. Perché quale settore della vita lavorativa non lo è? Le donne vivono in salita». Ville-Marie è un film sui sentimenti violenti. «Come certi occhi che non vorresti addosso e che invece ci sono: certo che mi è capitato di vivere quella sensazione. Scendi all'inferno e riemergi come la Sophie del film: se non è sembrato che mi capitasse è perché… sono attrice», dice sorridendo e ammiccando, da diva. Una diva che alla fine gioca a regalare ai giornalisti un titolo: «Allora voi dite che sono una diva… Va bene: in Francia le chiamano mademoiselles, anche le più anziane, come bambine che non vogliono crescere. Io sono quella bambina».
«Qui invece interpreto un'attrice, essere attrice nella vita reale però non mi scherma. Anzi. Io sono una che vive più che può all'ombra del glamour, mi ricarico al buio e rifletto su una vita fortunata». La prima fortuna è stata la sua bellezza, diversa da quella dei vent'anni. «La bellezza non stanca, un giorno sai che la rimpiangerai».
La bellezza però non ti dà fierezza: è un regalo per il quale devi solo dire grazie. E io lo faccio. Vede - dice - l'età serve. Col tempo si scopre l'anima e la bellezza delle vecchie donne come mia nonna. O quella delle donne che scendevano in piazza per i nostri diritti, sempre calpestati: quelle che lottavano in piazza coi pugni alzati. Ora la guerra dei sessi non serve più: vedo maschi terrorizzati nel mondo. E donne terribili». In Ville-Marie vive il dolore di un difficile rapporto con un figlio maschio: «Ho due figlie, chiedevo alle mie amiche che mi hanno detto: nessun uomo può farti soffrire come un figlio maschio. Sono madre, ci credo». Non capisci mai, fino in fondo, quanto giochi: rivelatrice la frase con cui chiuderà l'incontro coi giornalisti (e noi questo racconto), prima del cambio d'abito per il red carpet più atteso da Monda e dal mondo. «Io l'unica diva? Non so definirmi così. Cerco e scopro cose per il mondo che mai avrei immaginato mi toccassero in sorte 30 anni fa, quando neanche speravo di sfilare a Parigi. Mi dici - spiega ad una giornalista - che sono un sex symbol… Tesoro mio (quanto è umbro il modo in cui lo dice, mamma mia… Ndr), se lo dici tu…». Tra qualche giorno passerà oltre questo personaggio di madre in una storia canadese di sensi di colpa e sarà - finalmente e totalmente glamour - la prima vera Lady Bond. «I sensi di colpa, già: ci uccidono, ma ci fanno belli. Ho il terrore di chi non li prova: sono uomini e donne pericolosi quelli che vivono senza». Ora che a 51 anni («dico alle mie figlie che è la mezza età per non spaventarle sulla morte, l'unica cosa alla quale oggi non mi sento pronta») è finalmente una donna di Bond: potrebbe rivelare se c'è stato il favoloso "no" 30 anni fa. «Beh, se mi volevano, io non l'ho saputo. Certo sarebbe stato ovvio essere allora una Bond girl. Infatti in Spectre sono una lady, una vedova misteriosa». Sfugge alle definizioni, non a tutte però. Eccola l'icona della Festa e del Cinema: «Recitare nelle altre lingue, ora il serbo per Kusturica mi imbarazza e crea problemi: mi sento a mio agio con l'italiano. Se proprio devo definirmi, la prima cosa che mi viene in mente è: Monica Bellucci italiana, italianissima anzi».
Nel gioco della polemica gender non cade, piuttosto rivendica: «Curioso che mi si chieda, seguendo la polemica americana se il cinema è sessista. Perché quale settore della vita lavorativa non lo è? Le donne vivono in salita». Ville-Marie è un film sui sentimenti violenti. «Come certi occhi che non vorresti addosso e che invece ci sono: certo che mi è capitato di vivere quella sensazione. Scendi all'inferno e riemergi come la Sophie del film: se non è sembrato che mi capitasse è perché… sono attrice», dice sorridendo e ammiccando, da diva. Una diva che alla fine gioca a regalare ai giornalisti un titolo: «Allora voi dite che sono una diva… Va bene: in Francia le chiamano mademoiselles, anche le più anziane, come bambine che non vogliono crescere. Io sono quella bambina».
Nessun commento:
Posta un commento